La spina della pittura

Testo di Pier Luigi Berto

 

Guillaume insegue la pittura, impresa quanto mai ardua di questi tempi, tutta in salita, partito da Parigi si è trasferito in Sabina con la sua famiglia, e, dopo aver costruito la sua casa, ha ripreso a disegnare e dipingere. Già, il disegno, base di ogni pensiero e di ogni struttura.

Rispetto a qualche anno fa, per chi intraprende la pittura ci sono segnali più positivi, sebbene abbiamo attraversato anni molto duri.

Guillaume poi, dipinge a olio e si rifà ai testi tradizionali, iniziando da Cennino Cennini, costruendo il dipinto dal supporto e per questo motivo si prepara le tele/tavole e dipinge con medium vari per ottenere particolari effetti. Giunti a questo punto, i “modernisti” a tutti i costi già potrebbero sbadigliare e giungere a conclusioni superficiali. Il solito pittore che sordo al dibattito culturale contemporaneo si rifugia in campagna e si diletta a dipingere consolatorie visioni bucoliche.

Sarebbe un grave errore etichettare Guillaume in tale modo, niente di più lontano dalla realtà. Già, la realtà, altro problema dibattuto in tutto il novecento o comunque da quando fu scoperta la fotografia, anche se artisti come Degas o Michetti e tanti altri ne fecero largo uso per il loro lavoro di pittori della realtà. Guillaume non dipinge affatto soggetti dalla realtà in modo naturalistico, non dipinge da foto, anche se non disdegna le sedute, dal vero, “en plein air” con disegni e acquerelli, ma dipinge a “memoria” e, dipinge lento, meditando, “velando” di continuo. Se si guardano le sue opere di lato, per osservare più attentamente la superfice del dipinto, si vedrà che non è regolare e, in corrispondenza, soprattutto del volto, altro tema affrontato dal “nostro”, c’è un avvallamento, risultato del metodo adoperato, dell’estenuante ricorso alla velatura. Cos’è la velatura? Si chiederà qualche lettore non esperto. E’ una tecnica che è specifica della pittura “indiretta”, usata per ottenere l’effetto cromatico sovrapponendo un colore a un altro, ovviamente con l’aggiunta di medium che lo diluisca e che ne aiuti la stesura sul supporto, in modo che il colore steso si sovrapponga al precedente, dialogando con lo stesso. La velatura è meditata dal pittore, potrei dire “progettata” a tavolino, perché in questa sovrapposizione il colore viene modificato, e, per spiegarsi in modo semplice, se su un colore giallo si effettuerà una velatura con un blu si otterrà un verde e, in aggiunta, si potrà velare una parte o tutto il dipinto.

La velatura ha la funzione di aumentare la profondità e aiuta a intonare tutto, può essere “calda” o “fredda” e, soprattutto misteriosa. Strato su strato, Guillaume porta avanti il dipinto, come se fossero strati cutanei e a ogni velatura l’opera cambia aspetto, si propone in modo nuovo. Questa tecnica è il contrario esatto della pittura impressionista che si basa su impasti creati sulla tavolozza e stesi alla “prima” con pochi ripensamenti. L’immagine che si appalesa dalle sue opere, appare dal buio, dall’ombra e non a caso, lui stesso, tiene a ribadire che, il contorno si “sfalda” sia nelle zone di luce che nelle zone in ombra. Non sono “consolatorie” queste opere, semmai sono testimoni di un’urgenza, di un allarme e c’interrogano ponendoci quesiti sulla nostra esistenza.

Nei disegni poi, si nota un‘attenzione formale da evidenziare, non schizza Guillaume, non vuole essere rapido, ciò che alberga in lui è, semmai, la precisione, che, lungi dall’essere pedanteria, vuole essere lucida e cristallina, senza compromessi.

Ama tutta la pittura rinascimentale italiana, ma anche le avanguardie del novecento, non ama certo realismo accademico-fotografico che va per la maggiore oggi dimostrando intelligenza e buongusto. Guillaume è un altro francese che è rimasto “folgorato” dalla luce del nostro paese, c’è un lungo elenco che si potrebbe fare di stranieri, letterati e pittori, che hanno deciso di vivere nel “bel paese” anche nel novecento, stregati dal paesaggio e dalla saturazione dei colori e non è un’annotazione trascurabile, se pensiamo a Goethe o a Eugène Delacroix che dopo il “gran tour” hanno modificato la loro visione del colore, il primo scrive un saggio memorabile sulla teoria dei colori e il secondo modificherà il modo di dipingere, usando i contrasti complementari e saturazioni impensabili prima, aprendo i sentieri della pittura “moderna”.

Anche Guillaume cerca una via, senza “barare”, mistificandola con linguaggi alla moda, lui è tutto lì, è dentro la pittura e cerca come il San Girolamo di Colantonio di togliere la spina dal piede del leone.

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